Dopo aver indagato l’impatto psicologico e il rischio di burnout tra le ostetriche italiane (studio BLOSSoM 1), la Fondazione CiaoLapo ha approfondito un’altra domanda fondamentale: quanto sanno davvero le ostetriche sulle linee guida internazionali per la gestione della morte perinatale?
Il secondo studio della serie BLOSSoM, pubblicato nel 2022, ha analizzato le risposte di 445 ostetriche italiane su aspetti fondamentali del lutto perinatale, rivelando dati che invitano a una seria riflessione.
Cosa è emerso?
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Solo 1 ostetrica su 3 ha mostrato una conoscenza adeguata delle linee guida internazionali.
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Il 78% non conosce le modalità naturali di inibizione della lattazione dopo la perdita.
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Più della metà non è correttamente informata sulle normative italiane per la sepoltura dei bambini nati morti.
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Circa il 70% crede erroneamente che i movimenti fetali si riducano nelle ultime settimane, un’informazione che può compromettere la prevenzione della morte in utero.
Quattro aree critiche analizzate
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Bereavement care: poca informazione su aspetti importanti del lutto, come la sindrome delle braccia vuote o la donazione del latte.
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Gestione clinica: uso elevato di sedativi e analgesici senza un reale coinvolgimento della donna nelle decisioni.
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Procedure post-mortem: scarsa conoscenza dell’autopsia e della possibilità di vedere il bambino anche dopo l’esame.
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Movimenti fetali: conoscenze inadeguate che potrebbero ostacolare la prevenzione della morte intrauterina.
Cosa possiamo fare?
L’unico fattore associato a una buona conoscenza delle linee guida è aver frequentato corsi specifici sulla morte perinatale. Nessun altro elemento – né l’età, né gli anni di lavoro – ha avuto lo stesso impatto.
Un invito all’azione
In Italia servono linee guida nazionali condivise, corsi formativi obbligatori e aggiornamenti continui, soprattutto nelle regioni del Sud, dove la conoscenza è mediamente più bassa e l’incidenza della perdita è più alta.
📚 Leggi lo studio completo (open access)